Mondobestia: LE HAWAJANE

sabato 1 dicembre 2007

LE HAWAJANE

Questa vignetta corse il rischio di provocare il sequestro del Travaso perchè il disegno fu considerato al limite dello scandalo. La ripropongo per mettere a confronto il pericolo corso da queste donnine con quanto si può vedere al cinema, sui giornali, alla televisione...

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PRESENTAZIONE di Mondobestia

Buongiorno.
Anni fa cercai di realizzare un mensile con questo nome, ma l ' impresa non ebbe fortuna. Oggi riporto in vita il progetto affrontando con mezzi più moderni il tema che la testata promette, ovvero la trattazione delle stranezze del Mondo in cui sopravviviamo.
Approfitterò del mio Blog anche per pubblicare un po' di disegni che fanno parte della mia carriera. Sarà una occasione per riprendere contatto con il pubblico che mi ha seguito lungo tanti anni. E anche per presentarmi ai più giovani che, forse, grazie alla scarsa attenzione che mi è stata dedicata , mi conoscono poco.
Buonasera.
Isidori

NOTA: tutti i diritti sono riservati

ALCUNI DISEGNI TRATTI DAL PROGETTO M.B.

Inizialmente Mondobestia si prefiggeva il compito di trattare la vita dell'Uomo dal punto di vista dell'Animale; qualcosa che permetteva di osservare la vita di oggi tenendosi a distanza.
Questo diverso punto di vista, del resto già praticato da i favolisti di un tempo, consentiva di utilizzare forme nuove e aggiornate d'espressione : su questo non mi dilungo, anche perchè il fatto mi pare intuitivo. Però voglio comunque citare una sola idea, che il mio amico Aldo Fabrizi aveva pensato per M:B . Era il racconto di un Toro che entra nell'arena della Corrida convinto di andare a giocare e che poi finisce come finisce.
Di anni ne sono passati tanti, e purtroppo dal quel tempo ad oggi le cose non sono migliorate; tanto che dovendo trovare un nome al mio blog non ho trovato di meglio che chiamarlo Mondobestia.

UMORISMO E SATIRA

NEL 1999 scrissi questo testo che rimase nel cassetto. Lo pubblico qui perché mi pare interessante, anche se qualche concetto è ormai superato.

UMORISMO E SATIRA
di Gianni Isidori

Quando sfoglio una vecchia collezione di uno di quei giornali umoristici - un tempo famosi - che si stampavano in Italia, mi sorprendo a notare come il difetto che affligge la vignetta umoristica, sia la sua caducità. Quei disegni lì per lì mi appaiono come patetiche foglie ingiallite; opere di nascosti registi che si sono serviti di carta, penna e inchiostro di china per realizzare la breve farsa comico - satirica.
Parrebbe quasi ovvio che il tempo le disperda, perché la loro vita dura un giorno, al massimo una settimana: ancora meno di una foglia. Ma come le foglie (accidenti, questa è Poesia ) passata la cattiva stagione esse possono rinverdire, assumendo un ruolo diverso: non più unicamente quello di suscitare divertimento, ma di rappresentare la vita di noi tutti e, diciamo pure il parolone: la Storia.
Questo perché la vignetta satirica va oltre la stessa notizia che la genera in quanto dà, degli avvenimenti, una sintetica interpretazione e un immediato giudizio. Quando non sia un vero e proprio avvertimento profetico.
Talvolta - anzi, spesso - questa critica non fa comodo e risulta sgradita a taluni. Infatti c'è una zona nella memoria collettiva che è rimasta oscurata da ormai troppo tempo. La disinformazione ha, con metodo, seppellito il ricordo e i meriti di un grande settimanale il quale particolarmente ha avuto il pregio (o l'ardire) di esercitare una vivace satira civile e anticomunista. Parlo del Travaso.
Il Travaso del dopoguerra mordeva il costume, non mancando di colpire i bacchettoni clericali che spesso ottenevano il sequestro del giornale: quelle donnine a tutta pagina disegnate da Belli, Barbara, Kremos, o da me medesimo, davano scandalo, secondo il modo di vedere di alcuni. Inoltre, il Travaso combatteva coraggiosamente le sinistre, la burocrazia, gli scandali.
Tutto questo lavoro giornalistico in difesa delle libertà fino a pochi mesi fa veniva definito con tono di sufficienza « qualunquismo ». Ma a mio giudizio il vero qualunquismo, nel senso dispregiativo che si usa dare a questa parola, è quello di sinistra, conformista e servile.
Ma vediamo qual'era la situazione della stampa satirica alla fine della guerra. Nel turbinio di giornali e giornaletti che si sollevarono come un volo di effimere farfalle praticamente quelli che sopravvissero furono solo tre: il Marc'Aurelio, il Candido e il Travaso.
Lo spirito satirico del Marc'Aurelio, più ancora che nelle edicole, ebbe fortuna nel Cinema grazie a molti suoi collaboratori, divenuti sceneggiatori o registi, come Fellini, Scola, Steno, Scarpelli, Monicelli, Castellano e Piolo eccetera, influenzando per un lungo periodo, talvolta in modo qualunquistico, il cinema comico-satirico italiano, spentosi poi in scurrilità e sconcezze.
Quanto al Travaso il merito del grande favore incontrato presso il pubblico nel periodo della ricostruzione, va prima di tutto al suo Direttore, Guglielmo Guasta. Era una persona eccezionale per vitalità e fantasia. (Per gli interessati, aggiungeremo che fu anche discriminato dal Fascismo.) Era sempre pronto a inventare cose nuove, a trovare nuovi spazi, nuove soluzioni. A questo punto va anche detto che la Satira del Travaso e del Candido teneva conto della sua destinazione borghese e popolare insieme e non cedeva mai alla volgarità; comportamento che oggi forse non è più ritenuto apprezzabile. Insomma questi due settimanali si potrebbero considerare una sorta di galateo critico della vita civile.
Oggi, quando si parla di Satira politica, giustamente si ricorda Guareschi e il Candido. Ma nel giornalismo non è esistito soltanto Guareschi, come grande autore satirico: Guasta, al contrario di Guareschi che disegnava abitualmente, affidava più spesso ad alcuni collaboratori - Girus, Belli, De Simoni ed altri - il compito di realizzare le vignette di copertina che erano quasi tutte sue idee.
E' un fatto noto che la stampa italiana ha sempre sofferto per scarse vendite. Ciononostante, e malgrado le difficoltà del dopoguerra, la gente acquistava volentieri i giornali umoristici. Le trovate che abbondavano in ogni numero generavano ottimismo e aiutavano a sperare che il mosaico della vita civile potesse presto ricomporsi. Poi bisogna ricordare che all'epoca, il giornale umoristico occupava lo spazio che oggi ha la TV: le tavole a colori, le rubriche, le donnine disegnate, i personaggi buffi delle vignette equivalevano alle dive e ai comici del sopravvenuto spettacolo televisivo. La stampa umoristica non ha retto al confronto, ma non saprei dire se l'oggi è migliore di ieri.
Oggi il disegno satirico fa capolino sui quotidiani da piccoli rettangolini di spazio avvilendo le capacità - laddove esistano - dei disegnatori. Andati a vuoto molti tentativi si ritiene che per il giornale umoristico non ci sia più speranza. Io non credo, ma se così fosse ringrazio il cielo per aver potuto partecipare all'ultima fase della sua esistenza.
In attesa che un miracolo avvenga, parliamo un po' dello scomparso. Come nasceva un numero del Travaso?
Una volta alla settimana Direttore e collaboratori si riunivano attorno ad un tavolo. Ognuno dei partecipanti si presentava a questo conclave con un mazzetto di fogli sui quali era abbozzata una vignetta o una battuta ispirate agli avvenimenti del giorno. Era come una lotteria. Il Direttore raccoglieva il materiale, quindi ad alta voce leggeva i foglietti. Se una idea divertiva, il Direttore la proclamava pubblicabile e la restituiva all'autore indicando il formato del disegno da realizzare, in bianco e nero o a colori. Conquistare una pagina a colori era una grande soddisfazione ed un vero impegno.
Per anni, poi, ci si è chiesto: " E' vero che gli umoristi sono tristi? "
A questa domanda rispose bene il disegnatore Folco:« Sì. Gli umoristi sono tristi perché li pagano poco.» A dire la verità i compensi erano piuttosto modesti; l'entusiasmo suppliva alla scarsità del guadagno.
E ancora:"I vignettisti somigliano ai loro comici personaggi? "
Qui farei ricorso alla grafologia, perché dal loro modo di disegnare se ne può arguire il carattere. Tuttavia qualche tratto di se stesso il disegnatore nelle sue creature ce lo mette sempre, anche se a prima vista può sfuggire. Anzi, approfitto per dire che questi artisti della matita meriterebbero uno studio più attento: cito, ad esempio, Attalo, una sorta di Bartolomeo Pinelli in formato caricaturale. Roma e l'Italia '900 non potevano trovare un osservatore più acuto di lui. Ma fra i tanti vorrei ricordare almeno un altro nome, un disegnatore che ha caratterizzato con il suo inconfondibile stile la satira politica per un lunghissimo periodo. Parlo di Girus, pseudonimo di Giuseppe Russo, catanzarese. I suoi disegni avevano una forza monumentale - quasi parodistica della retorica di cui è spesso carica l'arte statuaria - che ben si addiceva ai temi politici.
Peccato, ragazzi. Si stampano libri su libri di gente da quattro soldi e si dimenticano uomini di valore. Ma, forse, io sono un incontentabile, perché non dimentico.
ISIDORI
NOTA: A questo testo aggiungo alcune vignette degli autori che ho citato.

Gianni Isidori

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